Scommettere sul cibo: i futures

11 Dicembre 2011
Scommettere sul cibo: i futures

Parlando di Haiti e del suo Indice Globale della Fame, avevamo considerato come l’aumento dei prezzi alimentari – e in particolare dei prodotti agricoli basilari per la grande maggioranza dell’umanità, cioè grano, riso e mais – abbia determinato l’aumento dell’Indice stesso (quindi della diffusione di fame e denutrizione) e del numero di rivolte sociali. Il 2008, in particolare, verrà ricordato come l’anno delle Rivolte del Pane, con oltre 60 episodi in tutto il mondo. Ad Haiti, come ricordavamo, le proteste hanno causato scontri con 5 morti. Lo stesso presidente della Banca Centrale Europea, l’italiano Mario Draghi, ha sottolineato il problema durante un intervento alla Banca Mondiale. “Alcune stime suggeriscono che negli ultimi mesi circa 44 milioni di persone sono finite in povertà come conseguenza dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari che crescono dalla fine del 2010 – ha detto Draghi -. Nonostante l’incertezza circa le radici del fenomeno, l’urgenza di gestire l’insicurezza alimentare e la malnutrizione chiede risposte rapide”.

La Fao, l’Ocse e le organizzazioni internazionali attive sul terreno dell’alimentazione e dell’ambiente hanno individuato tre precise cause dell’aumento dei prezzi alimentari: 1) l’incremento della destinazione delle colture alimentari alla produzione di biocarburanti; 2) la sempre maggior frequenza di eventi meteorologici estremi, con conseguenti effetti sul clima; 3) l’aumento del volume di scambi sui mercati a termine delle materie prime. E’ questo il punto di cui vogliamo occuparci parlando dei futures, gli strumenti finanziari coi quali si stabilisce oggi a quale prezzo comprare domani un determinato bene alimentare.

Quella dei futures non è una pratica nuova. Alla borsa merci di Chicago, il più importante mercato mondiale per le contrattazioni sulle commodities agricole, quello strumento è utilizzato dal 1865. La sua funzione originaria è assicurativa e stabilizzatrice del prezzo del bene: produttori e grandi compratori (esempio tipico, le grandi industrie dell’alimentazione) puntano a garantirsi in anticipo un prezzo certo per la propria merce, riparandosi da eventi imprevisti (magari un raccolto più magro di quanto atteso).

Questo scopo, lecito e legittimo, è stato distorto vent’anni fa. Era infatti il 1991 quando nel mercato finanziario furono introdotti i cosiddetti Commodity Index Fund. Si tratta di fondi di investimento il cui rendimento è legato all’indice indicato da un algoritmo che calcola le variazioni delle quotazioni dei futures sulle materie prime. Tra queste non ci sono solo petrolio, gas naturale o metalli preziosi, ma anche prodotto agricoli. Ciò ha reso il mercato appetibile non solo per i soggetti che vi abbiano un interesse produttivo, ma anche per quelli che mirano a fare pura speculazione. I futures sulle commodities agricole sono quindi diventati uno strumento per scommettere un guadagno futuro, perdendo la loro originaria funzione assicurativa.

I futures fanno parte della più ampia categoria dei contratti derivati, cioè titoli il cui valore deriva dalle variazioni del valore di un altro bene, e che secondo la quasi unanimità degli analisti sono la principale causa della crisi finanziaria globale in corso dal 2008. Un esempio pratico può chiarire le distorsioni di cui i derivati sono capaci. Alla borsa di Chicago non è stabilito un limite all’emissione di futures su prodotti quali mais, frumento o soia: ciò significa che un venditore e un acquirente possono stipulare un accordo che abbia efficacia ad una data futura indipendentemente dall’esistenza o meno di un raccolto. In altre parole, possono stipulare un future efficace al 31 dicembre 2015 per il raccolto di mais del Nebraska dell’anno 2013, dando per scontato che in quest’ultimo anno lo stato americano sia in condizione di garantire una produzione di quel cereale.

Si tratta insomma di una scommessa su prodotti ancora inesistenti, dalla quale nasceranno titoli a loro volta scambiabili con altri titoli. Come consuetudine, lo scambio avviene prima del momento in cui il contratto sarà onorato (quindi, prima di quel 31 dicembre indicato sopra come esempio). Si alimenta così un mondo di transazioni economiche fatte di pura carta, appetibilissima poiché possibile fonte di enormi guadagni. Non a caso, se nel 2002 si sono emessi futures sul mais per circa 1 milione di operazioni, nel 2010 ne sono stati emessi per 9 milioni.

Questo tipo di titoli è il principale tra i derivati utilizzati nei mercati agricoli. Vi sono anche altri strumenti, come le opzioni o gli swap, che lasciano prosperare le attività speculative sui generi alimentari. La definizione di regole che ne limitino gli abusi è forse la miglior risposta ad una semplice domanda: è giusto vendere e comprare in grandi proporzioni anche il cibo che ancora non esiste?