Ragazzi dopati, ma senza fare sport

17 Dicembre 2007
Ragazzi dopati, ma senza fare sport

Gli steroidi anabolizzanti sono una famiglia di farmaci che, agendo sull’organismo in modo simile al testosterone (l’ormone maschile per eccellenza), stimolano lo sviluppo e il potenziamento delle masse muscolari.

Per questa ragione sono utilizzati – illecitamente – da atleti che praticano discipline sportive nelle quali la forza muscolare è d’importanza decisiva (sollevamento pesi, corsa veloce, ecc.) allo scopo di migliorare le proprie prestazioni. In modo ancor più insidioso, a queste sostanze fanno ricorso adolescenti alle prime armi in questo genere di sport, nell’intento di potenziare la muscolatura in un’età in cui la crescita non è ancora ultimata, alterando così l’equilibrio dello sviluppo. Una terza categoria di adepti degli steroidi è rappresentata dai bodybuilders, un tempo chiamati, qui da noi, “culturisti”, che ingrossano le loro masse muscolari senz’altro apparente fine che quello di partecipare a concorsi di presunta bellezza.

Chi dunque non pratica a livello agonistico sport di potenza, né aspira a diventare Maciste dovrebbe essere al riparo da questa perniciosa forma di tossicodipendenza. Così almeno si credeva.

Una ricerca realizzata da un gruppo di studiosi dell’Università di Tampa, in Florida, e pubblicata di recente sul Journal of the International Society of Sports Nutrition, viene purtroppo a smentire questa convinzione almeno parzialmente rassicurante (J Cohen et al, J Int Soc Sports Nutr 2007 Oct 11, 4(1):12).

Gli studiosi hanno reclutato, reperendoli su Internet, quasi 2000 utilizzatori di steroidi anabolizzanti, tutti maschi, e li hanno invitati a rispondere a un questionario. Oltre a raccogliere una serie di dati relativi a età, classe sociale, livello di istruzione, livello di reddito, stile di vita dei partecipanti alla ricerca, il dottor Cohen e i suoi collaboratori hanno così potuto conoscere, caso per caso, i moventi e le finalità della regolare assunzione di questi farmaci.

Ebbene, è risultato che soltanto il 6% della popolazione era mosso da ragioni di competitivià sportiva: tutti gli altri prendevano la “bomba” semplicemente per motivazioni estetiche, per meglio corrispondere al canone corrente di bellezza maschile. Il tipico drogato da steroidi sarebbe dunque un maschio di circa 30 anni, di buona cultura, di reddito medio-alto, che non ha mai praticato seriamente alcuno sport (nemmeno ai tempi del college) e che aspira a diventare fisicamente più attraente.

Bisogna considerare a questo punto che, tra i rovinosi effetti collaterali di questo tipo di doping, ve ne sono alcuni che fanno a pugni con il concetto di bellezza maschile: di più, con l’idea stessa di maschio.

Gli steroidi anabolizzanti non si limitano infatti ad agire sul cuore come su tutti gli altri muscoli, provocando quindi un’ipertrofia cardiaca che è causa possibile di infarto, né a causare gravi squilibri nervosi che possono sconfinare nella psicosi: sul piano più propriamente estetico sono pressoché immancabilmente responsabili di atrofia testicolare (con conseguente rimpicciolimento dei testicoli e loro progressiva perdita di funzionalità), difficoltà di eiaculazione dovute alla crescita abnorme del tessuto prostatico e, last but not the least, ginecomastia, cioè sviluppo anomalo di uno dei simboli più mitici della bellezza non già maschile, bensì femminile: le mammelle.

Di certo ogni epoca ha i suoi ideali di bellezza, per molti versi non coincidenti con quelli delle epoche precedenti e successive. La nostra però, nel definire i suoi modelli (e le sue modelle), sembra mancare totalmente di coerenza: le donne scheletriche e con il torace spianato, gli uomini con le tette. Mah!