Novità tecnologiche nella cura della malattia varicosa

10 Febbraio 2003
Novità tecnologiche nella cura  della malattia varicosa

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{rokaccess author,special}*?* La storia di questa malattia inizia nel 1550 a.C. con la prima descrizione nel papiro di Ebers mentre a Ippocrate (460 –377 a.C.) facciamo risalire le prime appropriate osservazioni sulla terapia chirurgica delle ulcere varicose. Nel secondo secolo d.C. Galeno di Pergamo descrive il trattamento delle vene varicose per mezzo di sezione di vene con legatura mediante filo di seta e ‘stripping’ con un gancio smusso (forse un precursore degli uncini di Muller). La fisiopatologia venosa è comunque ancora sconosciuta tanto che nel 900 d.C. Avicenna sostiene che l’ulcera non debba guarire perché è da essa che fuoriescono gli ‘umori maligni’.
Fu Ambrosie Parè, chirurgo personale di Enrico II che nel 1553 curò con un bendaggio l’ulcera di Lord Vandeville, senza dimenticare di applicare un piccolo cuscinetto sulla vena varicosa.Solo nel 1891 Trendelemburg descrive la legatura della vena grande safena al terzo superiore di coscia come tecnica di prevenzione del reflusso venoso.
Dodd e Cockett nel 1959 pubblicano un libro sulla terapia della malattia venosa che diventa un testo di riferimento per i chirurghi di tutto il mondo. Da allora si sono chiariti sempre più i concetti di fisiopatologia che conducono a un intervento chirurgico e che dettano la tattica e la tecnica: stripping lungo, stripping corto, varicectomie sono le tecniche che con notevoli varianti vengono utilizzate correntemente in questo ultimo ventennio.Solo recentemente sono comparse alcune metodiche veramente innovative, anzi addirittura rivoluzionarie per il trattamento della malattia varicosa.
L’approccio classico ad un’insufficienza venosa prevede l’asportazione traumatica della vena safena e dei suoi collaterali. Per ottenere ciò il chirurgo esegue delle incisioni alla radice della coscia e sulla gamba; dopo avere incanulato la vena safena, questa viene letteralmente strappata dalla sua sede. Questo intervento comporta inevitabilmente una serie di ferite chirurgiche assai poco estetiche, degli ematomi post operatori ed una sintomatologia dolorosa che determina un’impotenza funzionale per circa 15 giorni ed una impossibilità ad una ripresa delle normali attività lavorative con un elevato onere sociale.

Le nuove metodiche per curare la malattia varicosa sfruttano le RADIOFREQUENZE o la luce LASER.Attraverso la semplice puntura della vena safena al malleolo si introduce un sottile catetere che viene posizionato sotto guida ecografica alla radice della coscia ove termina la vena safena. Questi cateteri sono in grado, attraverso l’energia termica, di provocare il collasso della struttura venosa e la conseguente chiusura. La vena sigillata lungo tutto il suo decorso viene lasciata ‘in situ’. Si ottiene così la guarigione della malattia da reflusso con minimo trauma chirurgico e massimo risultato estetico. L’assenza di ematomi e dolore post operatorio garantiscono una ripresa alla vita normale rapida ed agevole.
Anche per le imponenti sindromi varicose da collaterali safeniche abbiamo attualmente novità tecniche che ci permettono di operare con grande risparmio di incisioni chirurgiche e conseguente trauma per il paziente: la flebectomia motorizzata per transilluminazione. Questa metodologia opera con fibre ottiche e un ablatore rotante (sistema Trivex) che consentono al chirurgo di eliminare grosse formazioni varicose mediante sole due piccole incisioni.Riduciamo così la durata dell’intervento, il numero e l’estensione delle ferite chirurgiche ed i tempi di recupero.
Come abbiamo potuto constatare in questo breve excursus di storia venosa, l’uomo e quindi il chirurgo hanno camminato lungo questi secoli a grandi passi. Le esigenze dell’uomo stesso sono mutate: bisogni assolutamente primari quali la conservazione della vita e la guarigione si sono trasformati in bisogni secondari quali estetica, assenza di dolore, una cura sempre più mirata e fisiologica.
La tecnologia può attualmente darci un supporto prezioso che, se gestito con scienza e saggezza, può garantirci risultati veramente sorprendenti.
Dott. Pietro MingazziniCentro di Chirurgia Venosa Mininvasiva{/rokaccess}