La guerra alle vitamine non ferma la loro efficacia
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Sulle pagine di Eurosalus abbiamo più volte stigmatizzato il comportamento irresponsabile di alcuni sedicenti scienziati che, periodicamente (e negli ultimi tempi con particolare virulenza), scatenano campagne d’informazione volte a ridicolizzare l’efficacia delle vitamine come farmaci naturali e addirittura a inventare di sana pianta scenari apocalittici sulla loro presunta dannosità.
La sola colpa delle vitamine è in realtà quella di non essere brevettabili dalle case farmaceutiche, in quanto sostanze esistenti in natura. Per il resto hanno soltanto meriti e, come la letteratura scientifica seria continua a confermare con numerosi e interessanti contributi, i loro effetti benefici sono tali da accreditarle come le migliori armi per combattere alcune delle malattie più gravi, letali e/o debilitanti.
L’infarto, ad esempio, che ben pochi medici consiglierebbero ai loro pazienti di prevenire a colpi di vitamina C, come invece suggerisce uno studio britannico condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge e pubblicato sull’ultimo numero dell’American Journal of Clinical Nutrition (PhK Myint et al, Am J Clin Nutr 2008 Jan, 87(1):64-69).
Lo studio, di lungo periodo, ha coinvolto una popolazione di ben 20.000 residenti della contea di Norfolk, Regno Unito, di età da matura ad anziana, che sono stati seguiti per quasi 10 anni, e ha dimostrato una correlazione inversa estremamente significativa tra concentrazione di vitamina C nel plasma sanguigno e rischio di infarto. In sostanza i soggetti con la concentrazione più alta di vitamina C arrivano quasi a dimezzare il rischio di un attacco cardiaco rispetto a quelli con la concentrazione più bassa.
Alti livelli di vitamina C – fanno osservare gli autori – possono anche essere interpretati come l’indicatore di una dieta ricca di alimenti ricchi di questa vitamina, cioè, in sostanza, di frutta e verdura. L’effetto protettivo sul cuore potrebbe cioè essere dovuto ad altre sostanze presenti in quantità considerevoli nella verdura e nella frutta. Tuttavia una correlazione così significativa (il potenziale dimezzamento del rischio) lascia intendere che il ruolo di prevenzione della vitamina C nei confronti dell’infarto non deve essere sottovalutato.
Altrettanto macroscopico appare, secondo i risultati di uno studio condotto in Toscana da ricercatori in prevalenza italiani o italo-americani e pubblicato pochi giorni or sono sul Journal of American Medical Association, il ruolo della vitamina E nel prevenire o quanto meno ritardare il declino fisico negli anziani (B Bartali et al, JAMA 2008 Jan 23, 299(3):208-215).
La ricerca ha riguardato una popolazione di 700 soggetti di età superiore ai 65 anni di età, che sono stati seguiti per tre anni e sottoposti a due esami clinici miranti rispettivamente a misurare, all’inizio e alla fine dell’esperimento, i livelli di concentrazione di vitamina E nel sangue e il grado (valutato con un punteggio) di funzionalità fisica di ciascuno di loro.
Anche in questo caso la correlazione inversa tra concentrazione di vitamina e danno si è dimostrata molto significativa. I soggetti con i livelli più bassi di vitamina E avevano una probabilità di sensibile declino fisico (nel giro di tre anni) del 60% superiore ai loro coetanei con i livelli di vitamina più elevati. Nessuna correlazione è stata invece riscontrata tra declino fisico e livello di vitamine del gruppo B, di vitamina D e di ferro.
Gli alimenti che ne contengono in maggiore quantità sono alcuni oli di semi (olio di girasole e olio di germe di grano in special modo) e la frutta secca, mandorle in primis. Quest’ultima sembra una soluzione particolarmente gradevole e gustosa.
Perciò sgranocchiate, gente, sgranocchiate. E, alla prima occasione, regalate ai nonni un efficiente schiaccianoci.