Che conforto le torte della mamma

19 Luglio 2008
Che conforto le torte della mamma

L’alimentazione orienta pesantemente il nostro umore e le nostre voglie e non a caso tutti i cibi con valore nutritivo quasi nullo ma pieni di zuccheri, inondano i supermercati per arrivare sulle nostre tavole rendendoci dipendenti da essi. Viene perciò spontaneo chiedersi perché scegliamo certi alimenti pur essendo assolutamente consapevoli che quella che facciamo non è la scelta migliore per la nostra salute.

Partiamo da uno studio molto interessante fatto dalla Cornell University nel Cornell Food and Brand Lab., diretto dal professor Bryan Wansink, su quale sia l’umore che più ci porta a scegliere i così detti “comfort foods“. Egli infatti, partendo dai più comuni miti che inducono a credere che la maggior parte dei cibi che confortano siano insani, che vengano preferiti dalle persone quando sono tristi, stressate o annoiate e che queste preferenze si formino quando siamo bambini, è arrivato alla conclusione che tutto ciò non sia così vero e prevedibile, facendo crollare buona parte di queste credenze.

I ricercatori universitari partirono da un gruppo di 1004 americani e chiesero quale fosse il loro comfort food preferito. Le patatine fritte entrarono di prepotenza in cima alla lista, ma il 40% delle persone menzionò cibi sani quali pasta, carni, zuppe, pietanze in casseruola. Molte persone quindi volevano accedere anche ad un comfort psicologico non solo momentaneo, legato all’assunzione di zucchero, ma legato anche a ricordi associati, come nutrimento per il corpo e per l’anima.

Questo è ancor più vero se si osserva che la differenza tra uomini e donne fu immensa. Le donne infatti misero tra i tre cibi più apprezzati il gelato, il cioccolato e i dolciumi; gli uomini il gelato, la zuppa e la pizza o la pasta. A parte il gelato, gli uomini sembra apprezzino molto meno gli snacks delle donne e qui è dove entra in gioco il ricordo e la gratificazione dell’anima: interrogati sul perché delle preferenze, la maggior parte legarono gli alimenti alla madre o alla moglie che li cucinava per loro e quindi si sentivano curati, vezzeggiati, viziati e serviti. Erano di fatto al centro dell’attenzione con il cibo. Per le donne risultò ovviamente il contrario perché questi cibi ricordavano loro il lavoro da fare in cucina, quindi rappresentavano preparazione e pulizia.

I cibi della loro immaginazione non erano impegnativi, nulla era da preparare. Videro anche che era più probabile che le persone del gruppo tendessero maggiormente a ricercare il comfort food quando erano felici che quando erano depressi, però le persone di buon umore tendevano a scegliere cibi più sani come la pizza o la bistecca di quelle depresse che invece cercavano i dolci o il sacchetto di patatine. Il gruppo di ricercatori arrivò a pesare i pop-corn rimasti dopo aver proiettato un film divertente o dopo un film molto triste: durante il film divertente le persone consumarono una media del 30% in meno di pop-corn.

Sembra quindi da queste ricerche empiriche che per alleviare il cattivo umore si ricerchi qualcosa di gratificante e gustoso che ci porti ad un pizzico di euforia. È diverso però quando siamo di buon umore: per mantenerlo o farlo comunque durare cerchiamo cibi con maggiori contributi nutritivi che ci diano meno sensi di colpa. Sono solo esperimenti empirici che comunque possono spiegarci alcune scelte fatte d’impulso e aiutarci in qualche modo a capirle per poi gestirle al meglio.