La dieta che funziona

19 Aprile 2012
La dieta che funziona

La maniera più facile e produttiva per mettersi in forma qualora si soffra di obesità sarebbe l’affidarsi a una dieta povera di grassi, all’attività fisica, e avere un minimo di fiducia e determinazione rispetto a quanto si stia facendo.

Il lavoro di analisi, con i relativi risultati, è stato pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine e prodotto dal Beth Israel Deaconess Medical Center e dalla Harvard Medical School, entrambe collocate a Boston. L’analisi è stata fatta su più di 4000 americani con indice di massa corporea maggiore o uguale a 30, valore rappresentativo per l’obesità e ha analizzato il maggiore successo di gruppi che, avendo deciso di cambiare la propria situazione, hanno utilizzato strategie diverse per farlo. Sono stati dunque cercate quelle persone che erano riuscite nell’anno precedente all’indagine (i dati analizzati sono stati quelli proposti dal 2001 al 2006 dalle National Health and Nutrition Examination Survey che analizzano dal 1971 lo stato nutrizionale degli americani), a ridurre almeno del 5 e del 10% la propria massa corporea.

La domanda è: perché tali approcci al calo di massa corporea nell’obeso sarebbero stati più di successo di altri? Si analizzi un punto per volta.

L’attività fisica stimola l’organismo dal punto di vista generale, tra le altre cose innalzando il metabolismo basale di chi la pratichi. Il metabolismo basale è quel valore che indica il consumo di una persona in stato vegetativo, più o meno come se si stesse stesi sul letto a guardare il soffitto. Se si considera questo semplicissimo dato, ci si rende conto di come una semplicissima azione quale quella di praticare con costanza dello sport (l’ideale per innalzare il metabolismo sembrerebbe essere 3-4 volte alla settimana per almeno un’ora continuativa), faccia in realtà innalzare i consumi complessivi durante tutto il resto del tempo. C’è una specifica da fare: tale atteggiamento di crescita dei consumi raggiunge la sua ottimale funzionalità nel momento in cui l’introito calorico giornaliero sia bilanciato (il muscolo e l’organismo ha comunque bisogno di energia per poterne consumare in maniera produttiva). Al confronto, non c’è dieta ipocalorica che tenga: una diminuzione degli introiti diminuirà anche i consumi portando l’organismo ad una situazione di deperimento piuttosto che di sano dimagrimento, senza di per sé modificare, se non in un momento iniziale, la celebre relazione tra consumo e assunzione.

Sappiamo bene che una delle maggiori cause dell’ingrassamento è l’eccesso di cibi e pasti o alimenti ad alto impatto glicemico (che stimolano in maniera importante la secrezione di insulina “ormone dell’infiammazione e dell’accumulo”). Si sa altresì che la presenza di una quota di grassi all’interno del pasto riduce tendenzialmente tale “impatto”. Allora, perché la quantità ridotta di grassi dovrebbe provocare dimagrimento? Si tratta davvero di una questione calorica? Decisamente no. Si consideri infatti che i grassi percepiti in quanto tali sono solitamente quelli saturi o idrogenati: si parla generalmente di burro o di quota di grassi contenuti nelle merendine. La riduzione di questo tipo di grassi ha sicuramente un’azione di stimolo funzionale nei confronti dell’organismo nel suo complesso (senza scartare la parte di azione positiva sull’umore di tale riduzione). E un organismo che funziona bene, in maniera serena e produttiva, può anche permettersi di consumare meglio.

Si consideri innanzitutto il carattere umorale e psicologico dell’avere fiducia, e si ricordi il fatto che essere stressati (all’interno di un panorama globale già poco tranquillo) anche da una dieta della quale non si conosce il risultato, sposta ulteriormente l’equilibrio ormonale dell’organismo sulla parte connessa alla produzione endogena di cortisolo (simile al cortisone, di cui tutti conoscono gli effetti). L’essere sereni all’interno della propria vita e della propria dieta, stimola o quantomeno evita di inibire gli effetti dimagranti che si sperano. Inutile poi raccontare quanto la determinazione sia più che essenziale nel momento in cui si voglia intraprendere un percorso (talvolta per altro molto più semplice di quello che ci si aspetterebbe). Fare attività fisica tre o quattro volte la settimana è un provvedimento facilmente applicabile, qualora ci sia tutta la voglia e la determinazione del voler ottenere un risultato e di starlo ottenendo nel farlo. Nulla di nuovo dunque, dalla ricerca condotta a Boston, ma qualcosa che è sempre estremamente utile ricordare: il ruolo non tanto delle calorie consumate o ingerite ma quello del segnale biochimico che viene dato all’organismo, perché esso sia veramente e produttivamente stimolato nel dimagrimento.