Quando si deve o non si deve controllare l’istamina degli alimenti

14 Giugno 2021
Quando si deve o non si deve controllare l'istamina degli alimenti

Ci sono numerose situazioni nell’organismo che sono legate alla presenza di istamina in eccesso, ma l’istamina non è la causa originaria del disturbo e l’uso di diete drastiche che eliminino i cibi che la contengono è molto discussa e possibile fonte di ulteriore squilibrio.

Per molti anni si è pensato che le risposte allergiche o simil-allergiche avessero solo l’istamina come responsabile, mentre oggi sappiamo che questa è solo una delle tante citochine coinvolte nei processi infiammatori e allergici e il suo ruolo non è sempre solo negativo.

Negli anni passati si sono spesso proposte diete che “togliessero” l’istamina contenuta negli alimenti (quasi tutti molto gustosi) per intervenire su manifestazioni allergiche o simil-allergiche di non chiara origine. In base a queste indicazioni, nel centro SMA in cui lavoro continuiamo a vedere pazienti che oltre a ritenere erroneamente di avere numerose “intolleranze” hanno anche “tolto”” i cibi che contengono istamina, riducendo così la loro dieta alla ripetizione di pochi alimenti, senza comunque riuscire a guarire la condizione di base. 

In molti casi le reazioni collegate all’istamina sono solo reazioni in cui questa sostanza fa da “goccia che fa traboccare il vaso” e quindi la manovra più corretta dovrebbe essere quella di “svuotare il vaso” ovvero di ridurre il livello di infiammazione complessivo dell’organismo. Identificarla come nemico diventa un rischio perché l’eliminazione alimentare prolungata facilita lo sviluppo di infiammazione dovuta ai pochi cibi residui che si continuano a mangiare, rinunciando ad una dieta varia, completa e ricca che è il nostro obiettivo, oltre ad essere indicato specificamente anche dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). 

Invece di togliere gli alimenti ricchi di istamina, è preferibile integrare l'azione dell'enzima che la metabolizza (DAO) e ridurre i livelli di infiammazione da zuccheri e alimenti.

È vero che in alcuni casi il controllo di alcuni alimenti può essere richiesto per qualche giorno per intervenire in situazioni acute (ad esempio per i tre-quattro giorni successivi all’essere stati toccati dalle meduse o punti da un tafano o in corso di una accentuazione asmatica stagionale) ma è anche vero che alcune forme di orticaria, insensibili agli antistaminici, vanno trattate riducendo il PAF con la nutrizione. Purtroppo le persone con l’orticaria a cui vengono vietati i cibi contenenti istamina continuano invece ad essere assai numerose nonostante la scarsità di effetti clinici.

Nello stesso modo, dal 2017 è chiaro che molte reazioni infiammatorie non chiare (circa il 62%!!) possono dipendere dalla glicazione e l’uso di diete “senza istamina” in quei casi avrebbe davvero poco senso in termini di guarigione.

Nell’organismo esiste un corretto bilanciamento tra l’istamina generata dalle reazioni interne e quella assunta con gli alimenti. Di norma gli alimenti ricchi di Istamina non creano problemi in quanto l’istamina viene metabolizzata rapidamente e in modo fisiologico tramite l’enzima Di-Ammino-Ossidasi (DAO).

Quindi un termine come “intolleranza all’istamina” ha davvero poco senso nella cultura scientifica di oggi e quello che va affrontato è talvolta la presenza di un suo eccesso dovuto alla interazione tra la eventuale introduzione di alimenti che ne sono ricchi, il mantenimento di uno stato infiammatorio diffuso e la inefficienza della citata Di-Ammino-Ossidasi che la metabolizza nell’organismo.

I sintomi dovuti all’eccesso di istamina compaiono quando il rapporto tra istamina circolante e la sua naturale controparte enzimatica (DAO) non è ben bilanciato.

La carenza relativa di DAO (che può essere causata, ad esempio, dalla semplice assunzione di alcol o di alcuni farmaci) provoca una insufficiente degradazione dell’istamina contenuta negli alimenti. L’istamina proveniente dagli alimenti pertanto può accumularsi nell’organismo. Il corpo reagisce a questa quantità eccessiva di istamina con sintomi che sono di tipo infiammatorio e spesso simili alle allergie. Tra i tanti sintomi che si possono presentare, facilitati dalla assunzione di alimenti ricchi di istamina, vi sono:

  • Problemi intestinali (es. diarrea, mal di stomaco, pancia gonfia, crampi, flatulenza…)
  • Mal di testa, emicrania
  • Eruzioni cutanee, prurito, orticaria
  • Problemi respiratori, asma
  • Nausea, tachicardia
  • Rinite
  • Peggioramento di sintomi allergici

È ovvio che in soggetti già infiammati o allergici ad alimenti o ad altri allergeni (anche respiratori), l’assunzione eccessiva di alimenti ricchi di istamina può arrivare a esacerbare sintomi anche severi.

In alcuni casi, poiché l’istamina è anche la sostanza che si genera a seguito di reazioni allergiche, infiammatorie e di ipersensibilità, può essere necessario aiutare l’organismo a metabolizzarla, riducendo solo in parte (mai escludere…) l’introduzione di alimenti naturalmente ricchi di istamina, controllando l’alimentazione in modo personalizzato (test GEK Lab), e riducendo gli effetti infiammatori della nutrizione. 

Ci sono anche farmaci che riducono l’azione della DAO, tra cui alcuni antiaritmici, alcuni antibiotici, alcuni antipertensivi, numerosi analgesici e in parte alcuni protettori gastrici.

La quantità di istamina presente negli alimenti dipende da molti fattori, che comprendono i diversi processi di preparazione, le condizioni igieniche del materiale di partenza, la presenza di particolari ceppi batterici all’interno dell’alimento o dei substrati usati per la preparazione e la durata della fermentazione. Tra gli alimenti che ne contengono maggiormente vi sono i formaggi (soprattutto quelli stagionati e quelli erborinati) e lo champagne (che ne contiene molto di più dei “normali” vini rossi e bianchi), gli insaccati, il tonno in scatola e il pesce affumicato. Tra i vegetali, crauti, melanzane, pomodori, spinaci e ananas ne hanno un buon livello. 

Sono tutti cibi ottimi che meritano di essere utilizzati nella normale alimentazione e per farlo nel modo migliore si devono integrare la conoscenza dei livelli di DAO (esame eventualmente effettuabile quando si sospetti un severo difetto di produzione), la conoscenza dei livelli di glicazione e di infiammazione da alimenti e l’uso di un supporto enzimatico che faciliti la metabolizzazione dell’istamina.

Questa considerazione rientra nella “visione generale” della relazione infiammatoria dovuta agli alimenti che il nostro gruppo di lavoro da molti anni esprime sul piano clinico. Già in numerosi altri articoli ho discusso l’importanza dell’azione enzimatica a supporto di una possibile infiammazione da alimenti, ad esempio nell’articolo “Glutine, celiachia ed enzimi digestivi” o “Enzimi e sensibilità al glutine: digerire bene per prevenire”.

La digestione completa di quanto si mangia (istamina compresa) rientra tra le forme più corrette e naturali del mantenimento del proprio equilibrio infiammatorio.