Il riso che non fa ridere nessuno

2 Ottobre 2006
Il riso che non fa ridere nessuno

Beppe Grillo l’aveva intuito già da tempo parlando di diserbanti, erbicidi e antiparassitari e di sementi geneticamente modificate: «le multinazionali della chimica e della genetica ci tirano un calcio nei c… per poi venderci a peso d’oro il ghiaccio da metteci sopra».
Una prova di questo sistema economico a dir poco perverso è proprio quel
riso OGM finito in prima pagina sui quotidiani europei nei giorni appena passati.

Un riso ancora in fase di studio nei campi dell’Arkansas, negli Stati Uniti, ma che per una serie di imprevisti è arrivato sulla nostra tavola, prima in Francia e poi in Svizzera Olanda e Italia, in barba ai controlli degli esperti che vigilano sulla distribuzione degli organismi geneticamente modificati nei mercati europei.
Il riso in questione, allo studio nei laboratori Bayer CropScience, si chiama LL601 e ha la particolarità di essere resistente (almeno inizialmente) a un erbicida cosiddetto “totale”, capace, cioè, di distruggere tutte le piante senza distinzioni di specie.

L’obiettivo è quello di vendere presto l’erbicida “terminator”, già in commercio sotto il nome di Liberty, in abbinamento con il riso LL601, a questo punto indispensabile.
Peccato che non sempre sia possibile prevedere le conseguenze degli
esperimenti genetici.

Il riso in fase di sperimentazione nei campi della Bayer CropScience è, come è noto, finito involontariamente nei campi della vicina Riceland, gigante americano della produzione di riso, che, non solo ha pensato bene di fare finta di niente (pur avendo scoperto lo scorso gennaio che il riso LL601 era finito nei propri stock), ma ha anche lasciato stampata sulla confezione la rassicurante scritta OGM Free.

Oltre al danno la beffa. L’allarme, questa volta, l’ha dato saggiamente la stessa Bayer CropScience, lo scorso luglio, ma viene da chiedersi: e se nessuno avesse detto niente? Quante volte non sappiamo quel che mangiamo?

Le marche ritirate dal commercio sono tra quelle più usate, con risi a chicco lungo, proveninti dagli Stati Uniti.

Una recente indagine del WWF  sui prodotti europei ci aiuta ad avere una bussola, ma la truffa è sempre in agguato.
Nella speranza che un giorno (non tanto lontano) alla comunità scientifica stia più a cuore la salute di tutti, piuttosto che il profitto di pochi, a noi consumatori non resta che vigilare.

Il riso biologico può essere una risposta, ma anche il minestrone della nonna e tutta la varietà di cibi naturali che non sono stati ancora modificati (almeno ufficialmente), fermo restando che il nostro organismo combatte la sua battaglia quotidiana per l’adattamento oggi come (e molto più) di ieri.

Ma questa è un’altra storia…