Infiammazione da cibo e diete di eliminazione: cosa fare?

di Valentina Chiozzi - Nutrizionista
14 Ottobre 2014
Infiammazione da cibo e diete di eliminazione: cosa fare?

DOMANDA

Ho fatto un test per le intolleranze e mi hanno dato una dieta molto restrittiva, con tantissimi alimenti vietati… praticamente non posso più mangiare nulla. Come posso fare?

RISPOSTA

Gentile Lettrice,

sono molte le persone che, dopo aver eseguito un cosiddetto “test per le intolleranze”, vengono indirizzate verso schemi dietetici di eliminazione.

A parte casi di allergia conclamata e documentata, verso i quali è necessario escludere l’alimento dalla dieta, questo genere di approccio può essere rischioso.

Come già evidenziato in numerosi articoli apparsi su Eurosalus, l’utilizzo di diete di eliminazione aumenta il rischio di shock anafilattico in caso di reintroduzione accidentale dell’alimento e anche quando non si arriva a una situazione così grave si verificano, in un grandissimo numero di casi, reazioni simil-allergiche.

È come se l’astensione prolungata da un certo tipo di antigene facesse dimenticare al nostro sistema immunitario di averlo già incontrato, scatenando un segnale di pericolo.

La conquista della tolleranza immunologica, che ciascuno di noi ha ottenuto con fatica attraverso lo svezzamento, ci permette infatti di entrare in contatto ogni giorno con sostanze estranee senza avere reazioni avverse. Il sistema immunitario è quindi in grado di modulare le risposte dell’organismo nei confronti dell’ambiente esterno.

Nella maggior parte dei casi l’infiammazione, che può manifestarsi con una serie di sintomi diversi, deriva da una assunzione sistematica e ripetuta quotidianamente di un certo tipo di alimenti che, per questo motivo, possono diventare problematici, ma non perché lo siano in assoluto.

Può risultare illuminante il fatto che mentre, ad esempio, la malattia di Crohn in Europa può avere una relazione con particolari gruppi alimentari (come Frumento, Lieviti e Latte), in Cina invece può dipendere da soia, riso e mais. Questo perché corrisponde esattamente alle abitudini alimentari di una popolazione, ma è anche indice che non è il singolo cibo a fare male, bensì una sua assunzione ripetuta ed eccessiva rispetto al proprio livello di soglia.

Qualunque sia il tipo di test effettuato, la logica di lavoro dovrebbe essere quella di reinserire varietà nella propria dieta e al tempo stesso ridurre l’infiammazione indotta dall’assunzione ripetuta di alcuni gruppi di alimenti.

Una dieta di rotazione, in questo senso, può rappresentare la strategia vincente per riequilibrare abitudini alimentari ripetitive e controllare l’infiammazione da cibo o da zuccheri.

A parte qualche difficoltà iniziale nel recuperare i cibi “alternativi” (dovuta al cambio delle abitudini) la maggior parte delle persone si ritrova a fine percorso ad avere abitudini alimentari più consapevoli e varie.