Silybum marianum, una pianta per il fegato

11 Marzo 2001
Silybum marianum, una pianta per il fegato

Si tratta di una robusta pianta erbacea, annuale o biennale, che si trova nei terreni rocciosi e secchi dell’Europa sud-occidentale e in alcune parti degli Stati Uniti.

Il fiore solitario è rosso porpora con brattee che terminano in sottili e acuminate spine e fiorisce da giugno ad agosto.

Si utilizzano per ragioni mediche i semi, i frutti e le foglie.

Il principio attivo in esso contenuto è la silimarina, che ha potenti proprietà antiossidanti (contiene flavolignani).

Da sempre nella medicina popolare è stata utilizzata per curare il fegato intossicato e infatti veniva impiegata come antidoto per la pericolosissima e spesso mortale intossicazione da amanita falloide (uno tra i funghi più velenosi). La sua attività di protezione sul fegato viene infatti misurata, nei modelli sperimentali, contro l’avvelenamento da amanitina o falloidina contenute nel fungo.

Oggi viene utilizzata nella medicina naturale per curare i danni epatici causati da diverse malattie e intossicazioni: alcool, epatite cronica post-virale, epatite da farmaci, steatosi (il cosiddetto fegato grasso) e problemi biliari in gravidanza.

La silimarina, contenuta nel Silybum marianum è inoltre in grado di stimolare la crescita di nuove cellule epatiche.

In generale è più opportuno utilizzare l’estratto secco e non quello alcolico, in considerazione del fatto che i trattamenti vanno proseguiti per lungo tempo e che non è opportuno assumere alcol per curare i problemi del fegato, di qualsiasi natura essi siano.

Viene usata anche per proteggersi dai danni indotti dall’utilizzo di raggi X e come coadiuvante nel trattamento della psoriasi.

La posologia consigliata è di solito di 80mg per tre volte al giorno. In commercio vi sono numerose preparazioni, spesso in associazione a vitamine e ad altri prodotti per la protezione del fegato.