Randomizzato e controllato: non sempre è meglio

16 Giugno 2004
Randomizzato e controllato: non sempre è meglio

In relazione ad una serie di articoli comparsi su Lancet nel 2004, si è aperta una ampia discussione scientifica sul diverso valore e sul diverso significato di lavori randomizzati, controllati e in doppio cieco, rispetto ai lavori osservazionali e di coorte (Concato J et al, Lancet. 2004 May 22;363(9422):1660-1).

In un convegno internazionale svoltosi su questi temi, la dottoressa Xiaorui Zhang, coordinatrice del team OMS per la medicina tradizionale, ha aperto facendo il punto sulle maggiori difficoltà che gli approcci terapeutici di questo tipo devono superare, segnalando tra le altre i problemi relativi alla protezione della proprietà intellettuale e culturale del patrimonio di conoscenze della medicina tradizionale.

Facendo seguito al suo intervento, il dottor Harald Walach, direttore delle ricerche dell’Istituto di Medicina Ambientale dell’Università di Friburgo, ha illustrato la questione della validità interna ed esterna dei lavori scientifici, evidenziando che non esiste un metodo corretto in assoluto.

Se gli studi controllati randomizzati (RCT) infatti ottimizzano il rigore del metodo e la validità interna del lavoro stesso, gli studi osservazionali o di coorte massimizzano la validità esterna e la generalizzabilità degli esiti del lavoro, cioè l’applicabilità dei risultati nella realtà clinica.

Come viene riconosciuto da molti epidemiologi, le importanti differenze tra queste due modalità di valutazione devono farci riflettere di fronte alle scelte terapeutiche. Non sono solo gli studi randomizzati in doppio cieco, infatti, a offrire indicazioni cliniche valide sull’efficacia di un intervento.

Ogni approccio ha pregi e difetti, che possono essere bilanciati grazie alla scelta del metodo più appropriato per ogni intervento. Nel suo intervento, il dottor Walach ha messo in discussione il modello che vede gli studi randomizzati in doppio cieco come il ‘gold standard’ della ricerca clinica.

Soprattutto per quanto riguarda gli studi sulla medicina alternativa e complementare, come quelli svolti finora nell’ambito dell’iniziativa promossa da Regione Lombardia in collaborazione con l’OMS e presentati in questo stesso convegno, gli studi osservazionali hanno un valore inestimabile.

Per spiegare cosa induce gran parte del mondo scientifico a utilizzare questa peculiare gerarchia di valore, il dott. Walach ha affrontato il paradosso dell’efficacia: se un intervento produce significativi effetti non specifici (proprio come avviene in numerose pratiche di medicina complementare), ma ha scarsi effetti specifici, è possibile che venga qualificato come inefficace nonostante la sua efficacia globale sia più elevata rispetto a quella di studi con più effetti specifici e una minore efficacia globale.

In termini pratici, questo significa che, a volte, un trattamento è molto efficace in termini generali, ma dallo studio randomizzato non emerge una significatività statistica per il suo effetto specifico.

È logico di conseguenza che molti trattamenti naturali, che hanno molto di non specifico, diano risultati migliori negli studi osservazionali. Tuttavia, se dobbiamo valutare l’efficacia di un farmaco, i cui effetti specifici sono superiori a quelli non specifici, è più utile uno studio randomizzato, così come nel caso in cui occorra comparare l’efficacia di interventi diversi.

In un mondo dominato dai farmaci, risulta evidente come la scienza tenda a sminuire la validità degli studi osservazionali. Ma si tratta di una scelta di potere, più che di una scelta intelligente.

Verso una strategia circolare di ricerca Basandosi in particolare su due studi (Benson K, Hartz AJ e Concato J, Horwitz RI), il dott. Walach ha quindi illustrato la validità di entrambi i procedimenti e ha concluso auspicando l’adozione di una strategia circolare di ricerca, che applichi il metodo più appropriato per la valutazione di questioni specifiche, tenendo conto del fatto che ogni metodo ha dei difetti che vanno riequilibrati dall’uso di altri metodi.

Un auspicio che non vale solo per la valutazione delle pratiche di medicina alternativa e complementare, ma si estende anche alla ricerca sugli interventi convenzionali più complessi.