Verso la fine dei grassi aggiunti a biscotti, merendine e prodotti industriali

10 Novembre 2014
Verso la fine dei grassi aggiunti a biscotti, merendine e prodotti industriali

Dopo oltre un secolo dalla introduzione dei grassi idrogenati vegetali all’interno dei cibi industriali, avvenuta nel 1911 per favorire proprietà utili sul piano commerciale (ma negative ai fini del benessere), come una scadenza prolungata dei prodotti, una maggiore stabilità alle alte temperature e una migliore palatabilità, oggi la situazione è finalmente cambiata.

Nel Maggio 2014 un importante articolo pubblicato in “prima pagina” sul New England Journal of Medicine presentava la proposta che la FDA americana (Food and Drug Administration) ha fatto per limitare, finalmente, i gravi danni arrecati finora in modo subdolo alla salute dei cittadini grazie alla libera utilizzazione dei grassi idrogenati o dei loro epigoni, mettendo in moto processi di cambiamento decisamente innovativi (Brownell KD et al, N Engl J Med. 2014 May 8;370(19):1773-5. doi: 10.1056/NEJMp1314072).

Riprendiamo e discutiamo qui alcuni egli spunti proposti proprio da quell’articolo.

Negli ultimi decenni la preoccupazione legata alla sicurezza del cibo si è allargata al di là delle malattie indotte dalla contaminazione batterica alimentare o della presenza di metalli pesanti come il piombo o il mercurio; oggi il livello di allarme più alto comprende la possibilità che gli ingredienti di alcuni cibi possono determinare, nell’uso continuativo, malattie croniche come le malattie cardiovascolari o quelle tumorali.

Si resta sorpresi di come a livello popolare la comunicazione di una contaminazione di spinaci o insalate da parte di un battero come Escherichia coli renda accettabile qualsiasi restrizione all’uso imposta dalle agenzie sanitarie, mentre nel momento in cui si segnala la pericolosità di un biscotto o di un dolce questa venga sottostimata.

La descrizione di problemi severi legati alla presenza dei grassi idrogenati o trans-esterificati nei biscotti, nelle merendine o nei cracker, viene accettata in modo assolutamente diversa da quella di una contaminazione batterica e viene tendenzialmente rifiutata a livello sociale.

Ne è forse responsabile un atteggiamento pubblicitario che propone esempi alimentari discutibili in modo sistematico.

Fin dal 1970 è iniziata una campagna critica nei confronti dei grassi vegetali idrogenati, riconosciuti responsabili di molte patologie croniche e in particolare delle malattie cardiovascolari; più di recente sono emersi dati che li fanno considerare anche cofattori di uno stato infiammatorio che può facilitare lo sviluppo di malattie degenerative come quelle tumorali.

Per lunghi anni i grassi aggiunti agli alimenti industriali sono stati generalmente riconosciuti dalla FDA come “non dannosi” (GRAS, cioè Generally Recognized As Safe) e questa sigla ha consentito ai gruppi agroalimentari più importanti e più coinvolti nella gestione politica di questi temi di opporsi in modo palese ai tentativi di molte istituzioni sanitarie di opporsi al loro uso.

La chiusura dell’epoca Clinton è stata segnata non solo dallo scandalo legato alla stagista Monica Lewinsky, ma anche dal suo tentativo di far passare una legge che obbligasse i produttori a dichiarare la quantità di grassi presente nei cibi e negli alimenti e soprattutto la loro qualità. Conoscendo l’evoluzione della storia viene da pensare che allora le spinte lobbistiche che miravano alle sue dimissioni siano state davvero imponenti.

Per anni infatti questo tipo di problema non è stato più affrontato fino a che nel anno 2006 la FDA ha richiesto una dichiarazione del contenuto effettivo di acidi trans-idrogenati presenti nei cibi, da apporre sulle etichette alimentari.

In quell’occasione i produttori alimentari hanno riformulato alcuni prodotti in modo da ridurre o eliminare gli acidi trans-idrogenati per evitare di dichiararli negli ingredienti.

Nonostante questo, la assunzione di questi tipi di grassi si è rivelata comunque molto elevata perché margarine o cibi ad alto livello di processazione industriale come molti prodotti da forno oppure cotti ad alta temperatura possono condurre alla produzione alternativa di questi tipi di grassi e contenerne in quantità elevata.

Classicamente l’aggiunta di oli crudi prima della cottura porta comunque alla presenza di oli cotti e trasformati nel prodotto finale.

Dal 2003 la Danimarca ha bandito gli oli e i grassi parzialmente idrogenati dai propri cibi e altre nazioni hanno seguito nella stessa direzione. Nel 2006 a New York una disposizione ha impartito ai ristoratori di definire sui loro menù la quantità di grassi presenti nei loro piatti e nel 2008, nonostante le proteste, anche la California ha preso la stessa decisione.

Come discusso dal New England Journal of Medicine, dopo quasi un decennio da quel momento la FDA ha proposto una nuova disposizione regolatoria che possa finalmente dichiarare i grassi parzialmente idrogenati non adatti alla salute, trasformando la loro classificazione da GRAS (accettati come innocui) a “Additivi alimentari”.

Questo significa che molti cibi industriali, molte creme alla nocciola, e la maggior parte di biscotti, cracker, brioche e prodotti da forno dovranno riportare sull’etichetta di essere ricchi di additivi, mentre per anni, in modo probabilmente fittizio sono stati considerati come prodotti alimentari innocui.

Si tratta di un salto epocale, che vedrà finalmente modalità di preparazione degli alimenti più sane e rispettose dell’equilibrio individuale.

Il fatto di entrare in un ristorante e di richiedere di non mangiare grassi cotti, potrà finalmente essere considerato l’espressione di un gesto di salute, e non com’è oggi spesso avviene una follia legata a qualche originalità di carattere.

Nel nostro libro sulle prime colazioni questo tema è affrontato con molta chiarezza. Da tempo proponiamo articoli che orientano verso scelte più sane nella preparazione alimentare, rispettose dell’equilibrio di ciascuno nel mantenimento della salute.

Si apre quindi una nuova stagione alimentare, anche se per vederla in atto dovremo ancora aspettare qualche mese, sperando che la proposta dell’FDA non venga modificata o ostacolata da molte delle industrie che si oppongono alla trasparenza produttiva e cercano di mantenere in vendita al pubblico prodotti commercialmente vantaggiosi ma di bassa qualità ai fini del mantenimento del benessere.