Leggere la pelle: acne e psoriasi

9 Maggio 2008
Leggere la pelle: acne e psoriasi

La pelle esprime sempre un messaggio, perché la connessione tra la sfera emotiva e le manifestazioni cutanee è un dato certo e consolidato. Chi vuole fare della dermatologia umana deve tenere sempre in considerazione sia gli aspetti fisici sia quelli emozionali.   

Prendiamo l’acne giovanile, per esempio, che affligge gli adolescenti (specie i maschi) in un periodo in cui la spinta ormonale (erotica e aggressiva) non trova espressione all’esterno, per cui la pelle spurga, scarica all’esterno quello che considera una pulsione negativa e sporca. 

Inoltre, l’individuo si rende inconsciamente brutto, non desiderabile, respingendo in tal modo ogni possibile rischio di approccio, vissuto ancora con paura e pudore.

La pulsione ormonale è maggiore nel maschio (che non a caso nel rapporto sessuale ha spesso un ruolo più attivo), il conflitto è più accentuato e a volte lascia un segno sul suo volto (cicatrici e cheloidi), un marchio indelebile, un avviso per chiunque lo guardi, come la lettera che un tempo veniva cucita sugli abiti delle donne colpevoli di adulterio.

Poiché la femmina ha spesso un ruolo più passivo nel rapporto sessuale, scarica frequentemente il senso di colpa sulle spalle del partner, “reo” di averla sedotta e spinta a tanto; questo spiega le forme più leggere di acne femminile e la localizzazione al dorso e sulle spalle dell’acne maschile.

Quanto più l’adolescente imparerà a esprimere e manifestare la propria aggressività in modo sano (nello sport per esempio) e a vivere la propria sessualità attraverso l’amore, senza sensi di colpa, tanto prima la pelle smetterà di scoppiettare.

Esistono anche altre forme di acne “non giovanile”, anche trattabili on line con una corretta impostazione dietetica, ma in questi casi l’interpretazione psicosomatica è dfferente essendo diverso il quadro clinico e la localizzazione cutanea.

Un altro esempio pratico è la psoriasi, malattia tanto diffusa quanto sconosciuta a noi dermatologi che la curiamo dall’esterno senza conoscerne purtroppo la causa.

Miliardi spesi in ricerche chimiche, fisiche, farmaceutiche, simposi, congressi, associazioni, siti internet ecc. non hanno dato che scarne informazioni sulla più diffusa malattia dermatologica. Sembra una maledizione faraonica: siamo incapaci di guarire il nostro migliore paziente! Bella lezione di umiltà!

E, se provassimo a chiederci cosa batte sotto la pelle dello psoriasico?

Disegniamo una persona e coloriamo le sedi colpite dalla malattia: cuoio capelluto, gomiti, ginocchia, mani e piedi (soprattutto unghie). L’immagine che se ne ricava è quella di un’armatura: elmo, guanti e calzari, gomitiere e ginocchiere.

Ma non finisce qui: il più piccolo trauma sulla pelle dello psoriasico (ferita, ustione, graffio) provoca in pochi giorni la formazione di una squama spessa e protettiva; questo fenomeno è noto ai dermatologi come fenomeno di Koebner o isomorfismo reattivo. 

È come se la pelle si proteggesse in modo esasperato da ogni possibile minaccia esterna, erigendo una corazza in pochi giorni; infatti le squame dello psoriasico sono vere e proprie callosità, cellule cornee che crescono a un ritmo dieci volte più rapido della cute normale, come quando, nei casi di un assalto al castello o di un fiume che straripa, si lavora notte e giorno per innalzare argini o barricate. 

E se chiediamo ai pazienti come vivono e da cosa si sentono minacciati, costateremo la loro “vulnerabilità interiore”, la loro paura di aggressione, il sentirsi come Don Abbondio “vasi di coccio tra vasi di ferro”.

Ma non solo: l’esposizione solare è, nella maggioranza dei casi, la cura più efficace ed economica, riuscendo a ripulire la pelle dello psoriasico per parecchi mesi. E che cos’è simbolicamente il sole se non  l’abbraccio caloroso e protettivo, paterno, rassicurante, che lenisce l’insicurezza e la paura del mondo esterno?

Studi di fotochimica, infatti, sembrano dimostrare che la banda della radiazione solare più attiva nella psoriasi sembra proprio l’infrarosso, responsabile della sensazione di calore.

E così, tante malattie dermatologiche ci parlano dello stato d’animo del paziente: macchie, eritemi, vitiligine, allergie.

Ma questa è un’altra storia…