Intolleranza al latte: anche in età adulta, non dipende solo dal lattosio e può provocare danni

6 Marzo 2003
Intolleranza al latte: anche in età adulta, non dipende solo dal lattosio e può provocare danni

Negli ultimi mesi molte voci cercano di minimizzare la portata dell’ipersensibilità al latte: alcuni la vogliono confinare all’età infantile e altri ridurla a una mera intolleranza al lattosio.

In realtà questo tipo di reattività, che può nascere comunque nell’età adulta, è spesso trascinata fin dall’infanzia in modo inapparente e coinvolge aspetti generali come lo sviluppo corporeo, la crescita in altezza e la presenza di sintomi infiammatori intestinali.

Molti pediatri e medici si applicano in modo encomiabile alla soluzione delle ipersensibilità al latte vaccino, frequentissime in età neonatale e pediatrica, ritenendo che il problema, una volta risolto, non sia più meritevole di attenzione.

Dopo un periodo di rigida eliminazione del latte e dei latticini, di solito vengono reintrodotte queste sostanze in modo graduale, e a quel punto il bambino viene considerato guarito.

In realtà un lavoro finlandese (Kokkonen J. et al, J Pediatr Gastroenterol Nutr 2001 Feb;32(2):156-61) non recentissimo, ma reso attualissimo dal tono delle ultime polemiche sul tema, ha dimostrato che l’allergia al latte non scompare, ma si trasforma, consentendo ai soggetti che ne hanno sofferto di raggiungere una tolleranza parziale, che evita danni acuti ma conserva invece gli effetti infiammatori locali e generali tipici dell’ipersensibilità alle proteine del latte.

Il lavoro ha confrontato un gruppo di ragazzi (teoricamente guariti dall’allergia al latte sofferta prima dell’anno di vita), con un gruppo di controllo. Circa il 45% di questi ragazzi, sottoposti ad una dieta di eliminazione-scatenamento ha evidenziato la comparsa di sintomi intestinali, mentre solo il 10% dei controlli lo ha fatto.

Lo sviluppo corporeo dell’intero gruppo di “ex allergici” era minore del gruppo di controllo e soprattutto l’altezza era significativamente minore nei soggetti che presentavano ancora sintomi intestinali (quelli per cui di solito ci si sente dire che è meglio andare dallo psicologo perché sono solo disturbi nervosi!).

La positività al breath test (intolleranza al lattosio) era presente solo nel 14% dei casi (contro il 45% che comunque presentava sintomi).

È ovvio quindi che non si può considerare l’intolleranza al latte solo come un problema dovuto al lattosio. I soggetti con intolleranza al latte avevano meno anticorpi verso le proteine del latte, a testimoniare che i fenomeni di intolleranza non sono solo legati agli anticorpi di tipo allergico (le Immunoglobuline E).

Per chi si occupa da anni di reattività alimentari sembrano cose ovvie, ma non lo sono nella pratica clinica quotidiana di confronto con le convinzioni mediche.

È indubbio che solo un’indicazione oculata di tipo dietologico, che rispetti delle pause alimentari può davvero evitare che una patologia dell’infanzia mantenga i suoi effetti nel corso degli anni.