Fuorviante offensiva strategica contro le vitamine: presto in carcere carote e zucchine

6 Marzo 2007
Fuorviante offensiva strategica contro le vitamine: presto in carcere carote e zucchine

Il modo in cui la stampa italiana ha ripreso la segnalazione del lavoro pubblicato sul JAMA rasenta il terrorismo: dove il Corsera (4 marzo 2007, pag. 56) ha almeno mantenuto un atteggiamento dubbioso (“Supplementi di rischio?”) altre testate, come  Il Giornale (1 marzo 2007), non hanno esitato a usare un titolo fuorviante e privo di qualsiasi apparente considerazione critica (“Gli integratori aumentano il rischio di morte”). 

È stata citata una fonte autorevole come il JAMA (Bjelakovic G et al, JAMA 2007 Feb 28;297(8):842-57),  che è però espressione di una delle lobby più potenti del mondo (l’Associazione dei Medici Americani), dimenticando che negli stessi giorni veniva pubblicato un altro articolo su una altra rivista parimenti autorevole come l’American Journal of Medicine (Hayden KM et al,  Am J Med 2007 Feb;120(2):180-4) che diceva esattamente il contrario, cioè che l’impiego della Vitamina E, usata nel sano come preventiva, aveva una azione protettiva e riduceva la mortalità.

Si è di fronte alla stessa contrapposizione di poteri che sta appesantendo il confronto civile in campo medico sanitario, e a farne le spese sono solo i cittadini che si sentono “usati” senza mezzi termini.

Tra gli autori dell’articolo incriminato anche una ricercatrice italiana, di cui ovviamente rispettiamo il parere individuale, la cui precedente produzione scientifica è stata quasi totalmente legata allo studio della Epatite C e della terapia con interferone (tema ad alto livello di conflittualità economica) fino all’anno 2000, dopodiché i suoi lavori sono stati, dal 2004 ad oggi, tutti effettuati con gli stessi compagni di viaggio con cui ha firmato l’articolo del JAMA (sempre gli stessi) e tutti hanno portato a definire che non ci fossero particolari vantaggi dall’impiego di vitamine in alcune patologie.

È interessante vedere che tutti i lavori su questo tema effettuati in precedenza dagli autori dell’articolo (e li presumiamo svolti con attenzione) fino a quest’ultimo non rilevavano nessun aumento di mortalità indotto dalle vitamine, mentre nell’ultimo articolo si sono “improvvisamente” sbilanciati in una comunicazione così critica e potenzialmente fuorviante per il pubblico.

I misteri della scienza sono davvero numerosi. Eppure anche i lavori precedenti erano meta analisi su popolazioni numericamente rilevanti.

Anche a noi, come al professor Andrea Strata dell’Università di Parma e ad altri ricercatori citati dal Corsera, nasce il sospetto che il lavoro possa essere inattendibile per il modo in cui ha comparato popolazioni non omogenee e che quindi i suoi risultati non possano essere trasferiti alla popolazione media.

Ma i titoli giornalistici non hanno espresso quasi alcun dubbio.

Siamo all’interno di una guerra e questa ultima battaglia è solo una di quelle che dobbiamo combattere per difendere il diritto a curarci con libertà. 

Purtroppo non crediamo che sia una battaglia tra dati scientifici, ma semplicemente una battaglia tra lobbies differenti, cioè tra poteri economici che fanno il loro interesse.

Purtroppo la lobby che sostiene la utilizzazione del solo farmaco chimico e che toglierebbe dalla circolazione qualsiasi parvenza di naturalità è la lobby più potente al mondo (chimico-farmaceutica) e sostiene campagne pubblicitarie di impensabile valore economico, irraggiungibile da qualunque altra realtà economica esistente con esclusione di quella del petrolio e delle armi. 

Per comprendere l’impegno con cui si sta svolgendo questa lotta a senso unico, dobbiamo ricordare che nei giorni successivi a Natale 2006, il presidente americano J.W. Bush ha firmato un decreto che ha dato al National Center for Complementary and Alternative Medicine (ente che sta studiando e valutando in modo critico le medicine complementari) un budget di 120 milioni di dollari per il 2007.

Un articolo firmato da Dan Hurley e pubblicato sul New York Times il 16 gennaio 2007 riportava una serie di dati emersi dagli studi di questo comitato che “sparava a zero” su qualsiasi possibile terapia complementare.

Venivano riportati dati di utilizzazione di vitamine, minerali, erbe, fitoterapici e persino di rimedi omeopatici, citando il numero degli eventi avversi che si erano verificati con il loro uso e il numero di morti correlate.

Persino “Repubblica Salute”, a pagina 39 della edizione del 15 febbraio 2007, ha tradotto l’articolo (“Naturale, ma anche sicuro?”) astenendosi fortunatamente dal segnalare gli improbabili “morti dovuti ai trattamenti omeopatici” per rispetto alla ragionevolezza (difficile sostenere con un pubblico un po’ più smaliziato di quello statunitense, come quello italiano, che “L’omeopatia è acqua fresca”, e poi buttare lì notizie sulla sua possibile azione tossica!).

Invece il New York Times ha segnalato tutta questa serie di morti, salvo poi doversi correggere completamente a metà di febbraio, segnalando che i dati riportati non erano veritieri, ma legati solo alla analisi telefonica di possibili segnalazioni di danno e quindi privi di qualsiasi verifica scientifica.

Dati tutti da verificare quindi, non corrispondenti ad una realtà accertata, e pubblicati a livello mondiale senza che nessuno (o quasi) si ponesse il dubbio prima.

Importante sembra solo sparare sulla medicina naturale e sulle tecniche complementari, dimenticando decenni di lavori scientifici e di impegno di chi cerca di trovare una via integrata tra le diverse anime della medicina che abbia come scopo la salute delle persone e non solo la difesa di interessi economici di parte.