Le tecniche antinfiammatorie che cambiano il disturbo psichico

22 Maggio 2017
Le tecniche antinfiammatorie che cambiano il disturbo psichico

Dalla cronaca del congresso statunitense su “Psichiatria e salute mentale”, tenutosi a S. Antonio in Texas alla fine di ottobre del 2016, riportiamo l’interessante contributo del medico Rakesh Jain, della Texas Tech University School of Medicine, che ha lanciato specifiche proposte perché la capacità di contrastare l’infiammazione entri a far parte della pratica clinica di ogni psichiatra.

Insieme ai suoi colleghi ha discusso le importanti correlazioni tra salute mentale e infiammazione, proponendo una serie di modifiche allo stile di vita che hanno dimostrato la loro efficacia scientifica nel controllare l’infiammazione e nel supportare e a volte guarire il disturbo psichico.

Si tratta quindi di una importante comunicazione che integra le conoscenze neuropsichiatriche a quelle funzionali, a come cioè il modo in cui si mangia, si dorme e si vive, tutti aspetti che possono produrre stimoli infiammatori, possa contribuire a determinare la malattia psichiatrica. 

Più volte, su queste pagine sono state presentate le ricerche documentate sui legami tra alcune malattie mentali (la depressione ad esempio) e l’infiammazione, come le evidenze che legano le alterazioni del metabolismo (diabete e obesità tra le prime) e il disturbo psichico.

Il dottor Jain ha espresso la necessità che ogni psichiatra o ogni terapeuta della mente sappia inserire alcune tecniche di lavoro per controllare l’infiammazione nella sua pratica quotidiana.

La giornalista Amanda Oldt, su Healio Psichiatry, da una intervista con lui riporta l’invito fatto a tutti gli psichiatri a tornare medici completi, in grado di valutare anche profili metabolici e condizioni infiammatorie sulle quali sia possibile intervenire.

Gli effetti dell’infiammazione sulla mente sono molto potenti e la possibilità di controllare questi aspetti può rivelarsi un’arma strategica nella organizzazione della terapia, arrivando a modulare anche l’uso degli stessi psicofarmaci.

In sintesi il dottor Jain, facendo riferimento a ricerche scientifiche già verificate, propone di inserire nella pratica psichiatrica:

A questi approcci si aggiungono quelli dell’invito alla socializzazione, i cui effetti possono pure esercitarsi sulla riduzione dell’infiammazione e di alcune pratiche come la meditazione o tecniche come la Mindfulness che hanno già dimostrato questa azione.

Il tema è forte perché significa che ogni psichiatra ha la possibilità di aiutare la risposta clinica del proprio paziente e ogni persona, riducendo l’infiammazione, è in grado di migliorare in modo percepibile molti sintomi psichici.

L’infiammazione è un segnale di pericolo importante per l’organismo e da questa derivano risposte di adattamento che si manifestano, in molti casi, attraverso il disagio psichico.

Già da qualche anno ad esempio si è visto che l’acido acetilsalicilico (con azione antinfiammatoria) è in grado di controllare efficacemente alcuni sintomi psichiatrici o almeno di ridurli. Ma non serve solo usare l’aspirina… In modo molto più efficace un paziente che riesca a controllare il proprio metabolismo e il livello di infiammazione studiando BAFF e PAF e attuando una dieta personalizzata che sia in grado di ridurre il livello di citochine prersenti nell’organismo fa già moltissimo per se stesso, anche dal punto di vista psichiatrico.

Il controllo dell’infiammazione passa attraverso una rieducazione nutrizionale che prevede una alimentazione molto variata e anche dei simpatici momenti di “sgarro”.

Il movimento fisico, la qualità del cibo e il sonno regolare consentiranno a ciascuno di gettare le basi di un funzionamento adeguato, in grado sicuramente di sopportare senza danni momenti di sovraccarico alimentare, di stress e di difficoltà emotive.

Reference

Jain R., Seven scientifically proven anti-inflammatory strategies for today’s modern mental health practice. Presented at: U.S. Psychiatric and Mental Health Congress; Oct. 21-24, 2016; San Antonio.