Cistite interstiziale: dagli studi sul polmone un’interpretazione autoimmune delle ripetute cistiti senza batteri

17 Giugno 2019
Cistite interstiziale: dagli studi sul polmone un'interpretazione autoimmune delle ripetute cistiti senza batteri

La cistite interstiziale, una forma di cistite ripetuta in cui non è possibile evidenziare una causa batterica, si presenta sempre più frequentemente tra la popolazione femminile (e a dire il vero anche in qualche uomo), soprattutto nella fascia di età che va dall’adolescenza alla menopausa.   

Per anni queste forme di cistite sono state trattate comunque con antibiotici (quasi sempre inutili) e con enormi quantità di probiotici o con farmaci antispastici o ad azione psicotropa (tranquillanti). 

Nel corso degli ultimi anni, la conoscenza dell’infiammazione ha consentito di comprenderne gli effetti in molte differenti patologie e lo stesso è avvenuto anche per le cistiti e per le polmoniti interstiziali. 

L’aiuto concreto è arrivato proprio dagli studi effettuati a livello polmonare e Judith James, medico ricercatore della Oklahoma Medical Research Foundation and the Oklahoma University Health Science Center, ha presentato al congresso di Reumatologia Clinica tenutosi a Destin (Fla, USA) nel maggio 2019 una serie di considerazioni sul legame tra polmoniti interstiziali e malattia autoimmune indifferenziata.

La cistite senza causa apparente appare connessa ad una attività autoimmunitaria in cui l'alimentazione personalizzata può svolgere una rilevante azione di controllo.

Già nel 2017, in un lavoro pubblicato su Clinical Rheumatology erano state valutate 81 persone con una malattia autoimmune indifferenziata “stabile”, rilevando che il 7,5% della popolazione studiata presentava comunque caratteristiche tipiche della polmonite interstiziale. Ci si trovava quindi in presenza di evidenti segnali di tipo autoimmune e le  forme di polmonite interstiziale erano controllabili con una adatta terapia di modulazione immunologica (Riccardi A et al, Clin Rheumatol. 2017 Aug;36(8):1833-1837. doi: 10.1007/s10067-017-3704-8. Epub 2017 Jun 8).

Questa considerazione, quella cioè di trattare con successo le polmoniti interstiziali con una terapia di regolazione del sistema immunitario è di forte innovazione culturale e scientifica.

In queste forme di polmonite si sono riconosciuti dei movimenti di anticorpi antinucleo (che sono frequentemente correlati alla infiammazione intestinale) e dei cali di complemento (C3 e C4 verso il basso, due indicatori del consumo di queste sostanze dovuto a una reazione immunitaria lenta, come quella dovuta, ad esempio, agli alimenti).

Si è quindi iniziato a parlare, in ambito scientifico, di polmonite interstiziale con caratteristiche autoimmuni. Non tutte hanno queste caratteristiche, ma una buona percentuale di esse. 

Significa che alcune forme infiammatorie polmonari, anziché essere considerate delle forme di fibrosi polmonare idiopatica (che vuol dire che non si sa perché siano venute), sono invece considerate una forma indifferenziata di malattia autoimmune di cui la reazione polmonare rappresenta una espressione sintomatica, e trattandole secondo questo criterio (anziché come una “sfortuna inspiegabile dei polmoni”) si possono, in specifici casi, anche guarire.

Ecco che allora la relazione tra alimentazione, autoimmunità e BAFF, che si attiva come espressione dell’infiammazione dovuta al cibo, evidenzia molti aspetti che accomunano le modalità con cui si evidenzia la polmonite interstiziale a quelle con cui si manifestano le cistiti interstiziali o le cistiti ricorrenti di tipo infiammatorio e non batterico.

Nelle numerose pazienti seguite nel centro SMA di Milano, attraverso percorsi terapeutici specifici, si è riscontrata la frequente presenza di caratteristiche segnaletiche di un possibile coinvolgimento autoimmune:

  • BAFF mosso o elevato
  • Anticorpi ANA (antinucleo) presenti
  • C3 o C4 verso il basso (consumo di complemento)

In queste stesse persone, dal punto di vista clinico, si rileva spesso la presenza di una o più delle tre forme di infiammazione da cibo oggi conosciute, che sono misurabili e valutabili:

La possibilità di ridurre l’infiammazione sistemica attraverso l’alimentazione diventa quindi una possibile terapia di queste forme autoimmuni che si esprimono attraverso la cistite.

È naturalmente ovvio che vanno escluse a livello diagnostico le possibili concomitanze di tipo ormonale o di tipo meccanico o anatomico che condizionino questo disturbo, ma mentre 40 anni fa l’incontro con una persona con una forma di cistite non batterica recidivante obbligava il medico a “arrampicarsi sui vetri” per trovare una spiegazione, oggi la conoscenza scientifica e la sua evoluzione recente consentono di intervenire in modo efficace e spesso definitivo su questo tipo di cistite. 

La definizione di malattia autoimmune non specificata per la cistite interstiziale è ancora da perfezionare attraverso altri studi futuri, ma le basi che aiutano già a comprenderla con questa chiave di lettura e a consentirne in molti casi il trattamento ci sono e sono basate su criteri scientifici misurabili e non su supposizioni. 

La misurazione delle citochine infiammatorie attraverso un Food Inflammation Test, la comprensione del livello di glicazione e la definizione del profilo alimentare individuale (affiancate ad antinfiammatori naturali come Ribilla, Vitamina D3, Inositolo, Quercitina ed altri), rappresentano una possibilità terapeutica di forte impatto su questa patologia in crescente diffusione.