Test sulle “intolleranze alimentari”: come interpretarlo?

di Valentina Chiozzi - Nutrizionista
4 Febbraio 2014
Test sulle “intolleranze alimentari”: come interpretarlo?

DOMANDA

Salve, ho fatto i test per le intolleranze alimentari e sono risultati i seguenti cibi: glutine, grano, mais, farro, farina di segale, kiwi, banana, fagioli, lenticchie, peperone, yogurt, ricotta. Mi chiedo quali carboidrati assumere e per quanto tempo devo eliminare questi cibi. Grazie.

RISPOSTA

Gentile lettrice,

negli ultimi anni, il concetto di intolleranze alimentari ha subito un’importante evoluzione. Si è passati dalla ricerca dei singoli alimenti considerati dannosi (valida quando si parla di allergia) a una visione più ampia di reazione infiammatoria generata da uno stimolo ripetuto e prolungato di antigeni simili tra loro.

L’approccio moderno dei test per individuare quella che ormai è definita infiammazione da cibo identifica delle categorie di alimenti e sostanze alimentari che vengono raggruppate sulla base della loro somiglianza immunologica.

I 6 Grandi Gruppi Alimentari dei quali si parla da tempo in questo sito sono nati proprio secondo quest’ottica.

Infatti, gli alimenti risultati positivi al test che Lei ha effettuato, si possono interpretare secondo il criterio dei Grandi Gruppi Alimentari:

Banana e peperoni non appartengono ad alcun gruppo ed essendo alimenti singoli hanno sicuramente un impatto minore rispetto ai 3 gruppi citati. Basterà consumare questi vegetali con minor frequenza di quanto non faccia abitualmente.

Una volta individuate alcune delle cause di reattività si inizia un percorso terapeutico che porta alla riduzione dell’infiammazione e al recupero della tolleranza immunologica.

Il sistema migliore e più collaudato per fare ciò, non è l’eliminazione bensì la rotazione dei cibi appartenenti ai gruppi alimentari identificati.

Lo schema utilizzato ricorda lo svezzamento dei bambini. Ogni 3 giorni di astensione, nei quali vengono usati cibi “alternativi”, si effettua un reinserimento, anche piccolo, di alcuni alimenti appartenenti ai gruppi a cui si è risultati più sensibili.

I cibi definiti alternativi hanno naturalmente caratteristiche immunologiche differenti da quelli del gruppo alimentare in questione e permettono all’organismo una pausa dagli allergeni a cui si è sensibilizzato.

Le reintroduzioni hanno invece la funzione di ristabilire la tolleranza, proprio come avviene con lo svezzamento.

Nel suo caso specifico, nei giorni di astensione i carboidrati che si possono usare in tutta serenità sono: riso, quinoa, amaranto, grano saraceno, miglio, tapioca, castagne e patate poiché sono privi di glutine ed hanno un contenuto di nichel trascurabile.

Come nel caso del frumento, queste fonti di carboidrati si possono trovare sia in chicchi che sotto forma di pasta o farine con cui fare delle crèpes che cuocendo velocemete in padella non subiscono alcuna fermentazione.

Il latte si può sostituire con bevande vegetali come quelle di riso, quinoa, miglio e soia; quest’ultimo però senza esagerare poichè essendo la soia una leguminosa contiene un po’ di nichel. Da evitare invece le bevande al farro, kamut e all’avena, che appartengono ai gruppi di Frumento e Nichel.

Dal punto di vista generale ciò permette di ridurre l’infiammazione da cibo e contemporaneamente recuperare la tolleranza immunologica, che si traduce in una riduzione progressiva del livello di reattività nei confronti del cibo stesso e degli antigeni ambientali.

Anche dal punto di vista psicologico la rotazione è assolutamente vincente. Il fatto stesso di non avere un’eliminazione totale degli alimenti (che tra l’altro sono quelli consumati di solito) rende la dieta molto più sostenibile rispetto ad un’eliminazione totale.

Nella fase iniziale della dieta di rotazione, i pasti settimanali di reintegro possono variare da 2 a 5 o addirittura 7, per poi aumentare progressivamente con il trascorrere delle settimane.

La velocità del reinserimento dipende dalla sintomatologia di ciascuno che viene guidato e monitorato periodicamente, stabilendo ogni volta come e quanto ampliare la dieta.

L’obiettivo finale è ritrovare la tolleranza immunologica e ampliare la varietà delle proprie scelte alimentari.

Nella nostra pratica clinica abbiamo visto che alla fine del percorso spesso un giorno di “pulizia”, cioè di astensione settimanale dai gruppi di alimenti positivi al test, è sufficiente a mantenere l’organismo in equilibrio.