Astinenza da junk food: non solo impressione, ma documentata realtà

3 Dicembre 2018
Astinenza da junk food: non solo impressione, ma documentata realtà

Che lo zucchero crei dipendenza è ormai dato certo e numerosi sono gli studi scientifici che lo accertano, ma che anche il “cibo spazzatura” salato dia il via ad un circolo vizioso fatto di assunzione e poi di ricerca compulsiva, è notizia recente.

In particolare, nuovissimi sono gli studi che descrivono una sintomatologia da vera e propria astinenza qualora si cercasse di ridurre l’assunzione di questa particolare categoria di cibo.

Il termine junk food sta ad indicare tutti quei cibi tipicamente industriali, poveri di vitamine, fibre, sali minerali, antiossidanti, acidi grassi polinsaturi e ricchi, invece, di glucidi raffinati, grassi saturi e sale, risultando ad elevato apporto calorico e a ridotto valore nutrizionale.

In questa definizione, rientrano, dunque, non solo bibite gassate dolcificate, ma anche patatine fritte, fettine di formaggio per tramezzini, würstel tradizionali, prodotti da forno e snack salati, oltre che merendine e brioche confezionate.

Uno studio eseguito sui topi dalla ricercatrice Margaret Morris, pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology, ha confermato che il bisogno di un particolare tipo di cibo può essere modificato da ciò che normalmente viene introdotto nel corpo.

text="Nella prima settimana di rinunce di "cibo spazzatura", è probabile avvertire gli stessi sintomi di astinenza da una droga."

Durante la sperimentazione, si sono educate le cavie in modo tale che fossero in grado di associare due diversi tipi di suoni per due diverse bevande zuccherate, una alla ciliegia e una all’uva.

In un secondo momento le cavie sono state divise in due gruppi: uno seguiva una dieta sana e l’altro una dieta ricca di grassi saturi, con il 150% in più di calorie, in parte derivanti anche da dolci.

Il comportamento dei ratti nutriti con alimenti sani è stato quello di rifiutare la bibita già bevuta, ignorando il suono di riferimento.

I ratti nutriti con cibi ricchi di grassi e zuccheri, oltre ad essere ingrassati di più del 10%, hanno raggiunto un senso di sazietà alterato che li ha portati a rispondere al suono della bibita già bevuta e a mangiare successivamente gli stessi cibi in quantità maggiori.

Dopo averli riportati ad una dieta sana, inoltre, questo “difetto comportamentale” è stato mantenuto per un certo tempo prima che gli animali ritrovassero i loro meccanismi innati di preservazione.

Ebbene, partendo dal presupposto che tutti i mammiferi hanno i medesimi meccanismi di gestione legati all’alimentazione, un’alimentazione ricca di junk food aumenta anche nell’uomo il desiderio per cibi ricchi di grassi saturi e zuccheri, inducendo alla poca varietà e alla monotonia alimentare.

Non solo, nel tentativo di ridurre patatine, snack e dolciumi è molto probabile avvertire, soprattutto nella prima settimana di rinunce, gli stessi sintomi di astinenza di un tossicodipendente che inizia a disintossicarsi da una droga.

Lo studio pubblicato sulla rivista Appetite e condotto presso l’University of Michigan ha coinvolto 231 volontari che avevano deciso di smettere di mangiare le cosiddette “schifezze”.

Tali individui sono stati dotati di uno strumento per annotare tutti i sintomi fisici e psichici che avrebbero avvertito nei giorni successivi all’inizio dell’astensione. È emerso che già al secondo giorno di astinenza, e almeno fino al quinto, si facevano sentire tristezza, desiderio di addentare junk food, irritabilità, insonnia e mal di testa. Nei giorni a seguire queste sensazioni scemavano gradualmente.

Essere consapevoli di cosa può accadere quando si intraprende un nuovo percorso alimentare è utile e fondamentale sia per il paziente, che per il nutrizionista che dovrà suggerire strategie sempre nuove per stimolare il paziente a stare alla larga da alcune tipologie di alimenti, soprattutto nei primi cinque giorni del percorso.

Ecco spiegato, dunque, perché è più difficile aderire in modo rigido a un’alimentazione più equilibrata subito dopo un periodo di abbuffate, come ad esempio subito dopo le festività natalizie, ormai alle porte: la presenza sulle tavole di “cibo spazzatura” in quantità maggiori in questo periodo, rispetto al resto dell’anno, fa sì che anche dopo le festività si continui a ricercare quel tipo di cibo.

Il segreto è abbandonarlo gradualmente, terminando gli avanzi nei giorni a venire, riducendone sempre di più la frequenza di assunzione e sostituendoli con alimenti veri, nutrienti e soprattutto cucinati in casa. Senza contare che esistono diversi “trucchi” per sopravvivere egregiamente alle cene di Natale.

Mantenere, inoltre, una dieta bilanciata durante tutta la maggior parte dell’anno, indurrà a godere delle gioiose condivisioni alimentari in modo equilibrato, qualora se ne presentasse l’occasione, riprendendo naturalmente e con poca difficoltà le proprie abitudini alimentari non appena concluso il periodo di maggiore convivialità.